Studenti disabili: cosa dice la legge?

Studenti disabili: cosa dice la legge?

Le discriminazioni, in campo di disabilità (e non solo) rappresentano una dura, tristissima ed avvilente realtà alla quale molti si abituano senza sapere che, invece, ci sarebbero delle normative di tutela alle quali appoggiarsi per vedersi riconisciuti gli stessi diritti e lo stesso rispetto di chiunque altro.

Il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi (CAFB) della Lega per i diritti degli handicappati (Ledha) ha condotto uno studio in materia, quantificando le segnalazioni telefoniche ricevute dal 2015 ad oggi: ne è emerso che, delle 3000 unità, il 33% riguardava proprio discriminazioni verso handicappati in ambito scolastico. Un’evidenza particolarmente indicativa di quello che sta accadendo, oggi, nelle scuole italiane e di quanto questo argomento dovrebbe essere maggiormente trattato per sconfiggere questo male “invisibile”.

Il effetti, se molte famiglie non sanno nemmeno di potersi appellare ad una legge, in altre i problemi sono ancora maggiori, perché può capitare che i ragazzi non raccontino a casa quello che succede a scuola – per vergogna o perché ci si sente “sbagliati” ed in difficoltà – o che, ancora, la condizione di handicap favorisca la convinzione di meritare determinate esclusioni o un certo tipo di bullismo, poiché ci si sente “inferiori”.

Una serie di comportamenti reiterati nel tempo che portano ad un calo di autostima sempre crescente e che possono sfociare anche in depressioni e segregazioni autoinflitte che, a loro volta, non anticipano mai nulla di buono.

Ecco perché è importante sempre lavorare anche di pari passo sulla formazione, l’informazione e la psiche delle famiglie che vivono situazioni come queste.

La normativa

Secondo lo stesso CAFB, nonostante i numeri importanti fuorisciti dalla disamina dei dati, in oltre 10 anni sono stati celebrati soltanto 64 processi; decisamente troppo pochi.

Vale, quindi, la pena informarsi su cosa sostenga la normativa e su come possa tornare utile; perché l’inclusione è un diritto di tutti.

Le “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni“ si occupano proprio del “principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità” stabilendo che “non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità“, in ambito civile e sociale, come anche in quello economico e politico. Il tutto include, quindi, anche la questione della discriminazione sul posto di lavoro e nell’accesso alle varie posizioni professionali: la disabilità non può essere utilizzata per “scartare” le persone senza un valido motivo.

Inoltre, si distingue tra una discriminazione diretta ed una indiretta, quando, cioè, subdolamente, si mettono i disabili in condizioni “automatiche” di svantaggio, citando, ovviamente, anche la questione molestie, tra cui intimidazioni, minacce, umiliazioni ed ostilità.

Il giudice, in questi casi, viene chiamato a valutare la situazione e potrà richiedere sia un risarcimento danni sia ordinare la cessazione del comportamento, se ancora sussistente, arrivando a contemplare l’ipotesi di una adozione in contesti particolarmente gravi.

Addirittura, è ancora lui a poter ordinare la pubblicazione del provvedimento scelto su una testata a tiratura nazionale: un potere che sottopone automaticamente i “colpevoli” alla gogna mediatica e che, per molti, è una punizione ancor più difficile da accettare.

Gli strumenti di cui avvalersi, quindi, esistono ed è importante acquisire la consapevolezza giusta per utilizzarli!

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